Mostra
Annibale Carracci
Bologna, Museo Civico Archeologico 22 settembre 2006 - 7 gennaio 2007
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La scelta di disgiungere Annibale da ogni visibile confronto con Ludovico e Agostino Carracci e dagli artisti legati alla sua formazione in Valpadana (qui ricordati solo dai testi che introducono le sezioni) funziona soprattutto nella presentazione dei suoi anni maturi (dal 1590 circa): sono ben delineati, ad esempio, il rapporto di Annibale con la statuaria antica e il "plurilinguismo" con cui egli si appropriò delle diverse maniere della tradizione pittorica cinquecentesca orchestrandole come registri in funzione dei temi e delle intonazioni desiderate.
Con l'eccezione di Correggio, rimangono invece più in ombra i termini di quelle prime esperienze visive, alcune ormai familiari anche agli odierni cacciatori di mostre (i Cremonesi, Lotto, Tiziano - per cui certo Annibale non dovette attendere il viaggio veneto del 1587 -, per non parlare di Barocci e della dimenticata plastica emiliana cinquecentesca): anche solo alcune di queste presenze avrebbero aiutato a comprendere l'idea benemerita, propugnata nella mostra, che Caravaggio e i Carracci non appartenessero a mondi distinti, ma fossero anzi in grado di apprezzarsi alla luce di un retaggio comune (che non si risolse però nello studio dal vero).
No L'evento bolognese risente di tutti i difetti dei format pensati a tavolino per più sedi, ma non tagliati su misura per le strutture che li ospitano: nonostante il lavoro dell'architetto sia discreto, capita che i bagliori dell'illuminazione sfigurino capolavori come la Testa di ragazzo con occhi chiari di Windsor (chiusa in un angolino), e che brandelli di alcune sezioni esondino silenziosamente in mezzo a quelle seguenti per mancanza di spazio, sortendo effetti davvero curiosi.
Sì Va encomiata la coerenza con cui la mostra è stata giocata su problemi formali, tenendo a bada sia la tentazione di fare prevalere un'ingombrante vicenda teorico-critica, sia quella di risolvere la svolta linguistica carraccesca in una semplice faccenda di Controriforma.
In conclusione Sebbene la rassegna sia assai godibile, invitiamo il pubblico che deciderà di visitarla a prendere le distanze dallo psicologismo con cui sono presentati gli autoritratti iniziali (non tutti degni della mostra) e a rifuggire dalla lusinga di assimilare il Carracci ai pittori 'realisti' dell'Ottocento francese (come alcuni pannelli inviterebbero a fare): nonostante i toni foschi con cui i testi-guida alle pareti trattano il cruciale servizio di Annibale presso i Farnese (non disegnò oreficerie, con bellissimi esiti, anche il sommo Giulio Romano?), la cultura del bolognese fu quella di un artista cinquecentesco (cosa che ben emerge dal catalogo)
Autore/autrice scheda: Walter Cupperi