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Il ritmo delle sale, aperto da un’eterogenea polifonia di voci, quindi sostituito da una musica più orchestrata, scandisce alla perfezione il percorso del pittore: la bottega-fucina di Squarcione, dove sotto il segno di Donatello si incrociano e si forgiano i destini della pittura settentrionale, il confronto con Bellini, l’ingresso nella cerchia dei Gonzaga e le responsabilità di un artista di corte, il tour de force dello studiolo di Isabella d’Este (rievocato in mostra), il tramonto al di qua della “maniera moderna”. Le opere si fanno apprezzare non solo per la loro qualità artistica: le numerose incisioni, talvolta presentate secondo differenti stati di lavorazione, permettono ad esempio di afferrare in pieno le ambizioni e i ruoli di un pittore che non è stato solo “pittore”, così come i disegni testimoniano dei vari incarichi da lui ricoperti.
Poteva essere forse integrata meglio nel percorso espositivo la sezione fotografica di richiamo ai grandi cicli affrescati di Padova e Mantova, che il visitatore rischia di tralasciare.
La mostra è una rara occasione di studio, che permette di avvicinarsi al pittore da differenti punti di vista, di contestualizzarlo entro un preciso milieu culturale, e di tracciarne i rapporti con altri “grandi” suoi contemporanei (in primis Correggio).
Autore/autrice scheda: Daniele Rivoletti